La verità sullo stipendio di chi rischia la vita nei boschi: le cifre reali

Nel cuore delle foreste italiane, i boscaioli e gli operatori forestali portano avanti un lavoro tanto fondamentale quanto pericoloso, spesso misconosciuto dall’opinione pubblica. Il loro compito non si limita al solo abbattimento degli alberi, ma implica una naturale gestione sostenibile del patrimonio boschivo, garantendo la sicurezza dei territori e la tutela del paesaggio. Nonostante il rischio elevato, la loro retribuzione reale è frutto di dinamiche complesse, tra vincoli normativi, carenze di tutele e grande variabilità a seconda della regione, del datore di lavoro e dell’esperienza personale.

Retribuzione media: i numeri reali

Analizzando i dati più aggiornati sulla figura del boscaiolo in Italia, lo stipendio medio mensile si aggira attorno ai 2.571 euro, con una media annuale che supera leggermente i 30.000 euro lordi. Questa cifra è quella riferita dai professionisti del settore, ma dietro il numero si celano significative differenze tra chi opera come autonomo e chi, invece, trova impiego presso aziende boschive o enti pubblici. I livelli di esperienza, le specializzazioni e la capacità di gestire diversi processi produttivi incidono notevolmente sul compenso finale. Boscaiolo

Tuttavia, i dati non sono uniformi: molte offerte di lavoro, specie per chi debutta nel settore, propongono retribuzioni ben più contenute. La fascia di ingresso, per esempio come operaio boscaiolo dipendente, parte spesso da 1.499 euro lordi al mese, come previsto dal CCNL Alimentari artigianato, ma la retribuzione può essere adeguata in base all’esperienza e alle mansioni specifiche. In casi particolari, soprattutto in contesti marginali o in forme di lavoro saltuario o stagionale, alcuni operatori hanno dichiarato di accontentarsi di poche centinaia di euro al mese, integrando il reddito con attività agricole personali o forme di autoconsumo.

La realtà del rischio: cosa significa lavorare nei boschi

L’attività dell’operatore forestale è notoriamente tra le più pericolose al mondo. Chi svolge quotidianamente compiti come l’abbattimento, la limatura e la movimentazione dei tronchi si ritrova ad affrontare condizioni ambientali avverse, rischi legati all’impiego di motoseghe e macchinari pesanti, cadute dall’alto, frane e intemperie. Il tutto spesso in zone remote, isolati dai centri abitati e dai soccorsi, con la necessità di una preparazione tecnica avanzata che comprende anche la conoscenza delle norme di sicurezza, delle tecniche di taglio e delle metodiche di primo soccorso.

Nonostante questo, il rapporto tra la pericolosità dell’occupazione e la remunerazione appare spesso squilibrato: molte realtà non prevedono indennità particolarmente rilevanti per condizioni di lavoro insicure, salvo alcune eccezioni nei contratti pubblici o laddove siano richieste competenze altamente specializzate. Inoltre, negli ultimi anni, la progressiva meccanizzazione e la crisi del settore legno hanno accentuato la precarietà lavorativa e la riduzione delle commesse, rendendo più difficile la conquista di stabilità economica.

Variabilità territoriale e contrattuale

Il quadro retributivo varia sensibilmente tra le diverse regioni italiane. Zone come Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta e Veneto garantiscono, in media, condizioni migliori in termini di salari e stabilità, grazie a una lunga tradizione forestale, a maggiori finanziamenti pubblici e a un sistema di filiere più strutturate. Al Sud, invece, specie in contesti rurali, capita che i compensi siano più bassi, anche per via della diffusa stagionalità e delle difficoltà di accesso al mercato ufficiale del lavoro.

I contratti applicati agli operatori forestali sono altrettanto differenziati:

  • Contratto di lavoro subordinato presso aziende private (spesso legato ai CCNL di categoria)
  • Rapporti stagionali per attività di selvicoltura, rimboschimento o prevenzione incendi
  • Lavoro autonomo con partita IVA, destinato in prevalenza ai professionisti ben inseriti nel mercato

In particolare, la forma del lavoro autonomo consente, a chi riesce a consolidare una propria clientela e a gestire più commesse contemporaneamente, di raggiungere livelli di reddito superiori rispetto ai dipendenti, pur dovendo provvedere in proprio a tutti gli oneri previdenziali e assicurativi.

Formazione, prospettive e dignità sociale

Per intraprendere la carriera di boscaiolo non è sufficiente la forza fisica o la sola passione per la natura. Serve frequentare corsi abilitanti organizzati dalle Regioni e superare percorsi di formazione pratica sulla sicurezza, sulle tecniche di abbattimento controllato e sulla corretta gestione dei mezzi. Progressivamente, la richiesta di conoscenze relative al rispetto delle pratiche di silvicoltura sostenibile e di sofisticate tecnologie (GIS, droni, GPS) sta evolvendo le competenze richieste, aprendo nuove opportunità soprattutto per chi abbina esperienza in campo e aggiornamento costante.

L’impatto sociale del lavoro forestale, però, resta poco valorizzato: spesso il boscaiolo è visto erroneamente come “taglialegna” e non come custode del patrimonio naturale, nonostante il suo ruolo sia decisivo nella prevenzione degli incendi, nella difesa idrogeologica e nel mantenimento degli equilibri ambientali. Un riconoscimento economico e sociale più adeguato sarebbe quindi auspicabile, sottolineando il valore pubblico delle sue competenze e dei rischi che corre ogni giorno.

In definitiva, lo stipendio reale di chi rischia la vita nei boschi si posiziona tra 1.500 e oltre 2.500 euro lordi mensili, con ampie oscillazioni e una costante sotto-rappresentazione rispetto al rischio e al ruolo svolto. Una maggiore consapevolezza sociale e una regolamentazione più centrata sulla sicurezza e il benessere di questi lavoratori potranno restituire agli operatori del bosco la giusta dignità economica e professionale.

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